sabato 29 novembre 2008

...Play me a song, Curtis Loew...

Ronnie era solo un ragazzetto di dieci anni, quando la linea del suo destino venne tracciata per sempre.
Curtis invece, era all’epoca un uomo già fatto e finito. Eppure si sarebbe potuto tranquillamente affermare che a nulla fossero valsi i suoi sessant’anni trascorsi vagabondando sulla Terra, se non a fare in modo che la sua vita si intrecciasse, lì ed allora, con quella di Ronnie.

Se non fosse stato per Curtis, infatti, il giovane si sarebbe senz’altro dedicato a tutt’altre attività, ben più consone ad uno spensierato sudista della sua età – quali andare a caccia di lucertole, masticare fili d’erba completamente immerso nel rossore del tramonto e con le spalle comodamente appoggiate contro la corteccia di un albero, oppure semplicemente correre per gli sconfinati campi dell’Alabama, la sua dolce casa... – anziché darsi tanto da fare, svegliandosi addirittura prima del canto mattutino del gallo, vendendo bottigliette di soda od improvvisando qualunque altro lavoretto, per racimolare un po’ di grana...
Se non fosse stato per Curtis, infatti, forse la vita di Ronnie oggi sarebbe stata diversa. O perlomeno, magari, ne avrebbe ancora una...

Non era difficile riconoscere Curtis lungo le strade del paese: il tipico viandante, dalla pelle coriacea e nera e dai capelli crespi e bianchi, entrambi tipici di chi la vita gli ha fatto il mazzo; tanto che oramai non fa nemmeno più male e si può perfino ricambiare con un sorriso. O con una canzone. Inseparabile compagno di Curtis, infatti, era il suo vecchio dobro. Quello, ed un immancabile fiaschetto di vino. Ecco tutto ciò di cui aveva bisogno per poter far sfoggio della sua arte. Ed ecco svelata la sua preziosa mercanzia, per poter acquistare la quale, Ronnie si dava sempre così tanto da fare...

In effetti, non era poi così complesso il rituale per poter ogni volta accedere a quella magia: bastavano un po’di soldi da bere e, subito, Curtis tirava su il suo dobro, lo piazzava ben fermo sulle ginocchia, ed al primo pizzicar di corde, Ronnie riusciva d’incanto a vedere in quell’uomo ciò che tutti gli altri semplicemente non potevano... Ma del resto, si sa... La gente è sempre troppo sciocca...
...Troppo persino per poter arrivare ad accorgersi che quel vecchio ubriacone lì davanti a loro... Quel vecchio ed indiscutibilmente inutile vagabondo... Non fosse in realtà altro che il miglior bluesman di sempre...

(Ma Ronnie, questo, lo vedeva – e soprattutto, lo ascoltava! – perfettamente; fu a causa di ciò che la sua sensibilità... E la sua vita... Possiamo oggi dire con quasi assoluta certezza che furono segnate da quel suo incontro... Con Curtis Loew...).

Quando alla fine per il vecchio Curtis giunse l’ora di andare, e di abbandonare dobro e fiaschetto, dicono che nessuno si fosse presentato a pregare per lui nel giorno del suo funerale... Ma del resto, come avrebbe potuto essere altrimenti? Quell’uomo aveva consacrato alla Musica la sua intera, stessa vita... E quindi, al momento della propria morte, che altro mai avrebbe potuto avere da perdere... ...Se non solo il suo caro, vecchio blues?!...

Vent’anni dopo, per Ronnie ed i suoi compari, le cose non sarebbero state troppo differenti: certo, al loro funerale ci sarebbe stata molta più gente in lacrime, e dei giovani trucidati in un disastro aereo fanno senz’altro più clamore rispetto alla morte di un vecchio vagabondo nero del Sud; tuttavia le circostanze, o chi per loro, vollero comunque che l’insegnamento e l’impronta che quell’uomo lasciò nel giovane – in quel breve periodo in cui le note delle loro vite suonarono all’unisono... Allo stesso ritmo... – unissero i due nello stesso Fato: un’intera vita consacrata alla Musica; null’altro da lasciare, se non il capolavoro del loro blues...


Tribute to Lynyrd Skynyrd