venerdì 22 agosto 2008

Onestamente nottambulando

“Signore e Signori, la Little Island Multimedia Production è lieta di presentarvi…”.
Le cinematograficamente pompose parole riecheggiavano in presa diretta attraverso il microfono della piccola camera digitale, avvezza ad immortalare feste di compleanno e recite scolastiche, più che spericolate e dinamiche sequenze notturne.
L’addetto agli effetti speciali, intanto, continuava a scaldare i suoi strumenti – un ramo di palma secco ed ingiallito, raccolto sul ciglio della strada, ma che fatto roteare a quel modo e battuto a terra con la giusta forza, creava effetti visivo-sonori di un certo impatto, se goduti attraverso il filtraggio dello schermo pixellato e dell’uscita audio della vecchia Nikon COOLPIX L3 – mentre il tecnico del suono intonava la giusta colonna sonora con il suo fischiettare potente, anche se incerto sulle note più alte. Tutti gli altri – lunga fila di credits dalle diciture più assurde ed esoteriche, da “aiuto stagista” ad “analista delle riprese” – orbitavano attorno agli addetti ai lavori, lì sulla sterminata strada adibita a set, elargendo pareri non richiesti, esponendo bruscamente dubbi circa le effettive capacità del cineoperatore, curandosi di mantenere gli esterni lontani da quel luogo di culto e – in sostanza – dando fastidio in qualunque modo giustificasse la loro presenza lì.
Ed infine, c’era lui. Il vero emblema e portabandiera dell’evento. Il protagonista, quello che nei titoli di coda figura come main character. In una parola… La star.
Che in questo caso, doveroso dirlo, fungeva anche da stuntman di se stesso.
Lo stuntman respirava profondamente, ignorando il frastuono della troupe tutt’intorno a lui, mentre con le loro cazzate cercavano di rubargli la scena finché potevano; ovvero, fino a quando lui non avrebbe fatto la sua entrata, ribadendosi come unico ed indiscusso protagonista.
Dopotutto, era lui, solo lui e nessun altro, che al segnale dei suoi tecnici, si sarebbe letteralmente lanciato nell’impresa. Lui e non loro, che rimasti dietro il raggio d’azione del teleobiettivo, non sarebbero stati consacrati alla storia. Era a questo che pensava lo stuntman – mentre ancora respirando profondamente, cercava di farsi coraggio, d’instaurare una mistica e profonda intesa con il bolide che l’avrebbe accompagnato e di trovare una motivazione che gli facesse davvero fare quanto aveva (e si era) promesso stava per fare – quando il segnale arrivò.
E dopo, furono sono lui, il suo mezzo, il vento che gli fendeva il volto e la lunga e tortuosa discesa che, metro dopo metro, gli si parava dinnanzi.

Poco dopo, una dozzina di ragazzi dall’età media che andava dai sedici ai ventitre anni, ridevano mentre, tutti goliardicamente raccolti attorno al troppo piccolo schermo della camera digitale, questa rioffriva loro lo spettacolo appena immortalato. Alle quattro del mattino, sulla piccola isola dove c’era ben poco da fare, se non solo drogarsi o ingegnarsi, quei ragazzi avevano optato per la seconda: il video del loro amico che – a bordo di una bici da bambino rotta, senza pedale e con il sellino pericolosamente impennato – si lanciava lungo la strada ripidamente inclinata alla velocità più folle che il poco nobile mezzo potesse permettere, e con una seconda persona che lo inseguiva cercando di percuoterlo con la palma, sarebbe stato motivo d’ilarità per diverse serate a venire.
Tuttavia, quella serata non fu propriamente perfetta: mentre qualcun altro andava, totalmente ubriaco, a schiantarsi con la moto in un muro, oppure a rischiare d’investire gatti e bambini a bordo di una macchina toppo potente per le incerte mani di chi ha fumato troppa erba, un’inacidita ed inaridita – o forse semplicemente ormai stanca, visti la tarda ora e l’andazzo – signora, si affacciò alla finestra piena di rabbia e non poté fare altro che prendersela con l’entusiasmo di quei ragazzi, di quegli onesti nottambuli, che si trovavano di lì per caso, solo perché avevano fatto la scelta più pulita. Al gruppetto, non restò altro che ritirarsi e – ormai un po’ amareggiati – augurarsi la buona notte (ma considerando l’ora, anche il buongiorno andava bene), dandosi appuntamento alla prossima, per un’altra notte di onesto nottambulare…
Nessuno invece disse mai nulla al bastardo che quella sera, complice qualche bicchierone di vodka, aveva intanto investito il gatto della signora.

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