venerdì 4 luglio 2008

Via Casa Rotta

Ogni giorno, per tutti questi anni, lo stesso tratto di strada. Ormai non dovrebbe farmi più alcun effetto, eppure ancora oggi, tutte le volte – nel mio continuo andirivieni – che passo per di lì, sono emozionanti come la prima… Anche se in modo diverso: il fascino per quel luogo sconosciuto, che più tardi avrei imparato a chiamare casa, è stato poi, al contrario, sostituito dall’evocatività di un continuo flusso di ricordi: ogni pietra, ogni filo d’erba, ogni muro di quella strada è stato testimone di qualcosa; e questo l’ha reso degno di una certa intimità e familiarità.A cominciare da ciascun gradino. Infatti, è già quando sto semplicemente scendendo le scale di casa, che i primi ricordi mi saltano addosso: ricordi di quanti – amici, parenti, cani ed un gatto – negli anni sono anch’essi passati per quelle scale; scalini come quelli di una volta, ciascuno alto come due di qualunque altro condominio; ricordo quante volte, all’inizio, ho temuto di non farcela, aggrappato alla ringhiera per paura di cadere; e quante volte poi – una volta tanto agile ed abituato da farli a due a due! – avrei invece dovuto esser io a tranquillizzare qualcun altro che neanche lui sarebbe caduto…Portandomi con un balzo dall’ultimo gradino alla terrazza, il carosello prosegue. Davanti a me, due figure mitologiche della mia vita: una mountain bike in ottimo stato – la precedente me l’ha portata via il peso di una gru… – ed una carcassa di motorino; buffo pensare come quella bici scintillante rappresenti in realtà solo un vecchio passo delle mia vita, mentre invece il nobile destriero con cui abitualmente mi muovo, sia quel vecchio scooter giallo e sferragliante, che alla fine di ogni giro mi costringe ad accertarmi che tutti i pezzi – quelli essenziali, almeno – siano ancora al loro posto.La mano, o meglio, il piede del padrone fa il suo lavoro: con un ritmo soltanto a me noto, inizio a prendere a calci il pedale di avvio, come un batterista che dia alla band il tempo per il prossimo pezzo. One…Two… One, two, three, four... Il motorino mi risponde, attaccando con il suo gassoso assolo. Il cortile si riempie di una coltre nera, dalla quale lo scooter ed io insceniamo un’uscita alla Lorenzo Lamas quando sbuca fuori dalla nebbia all’inizio della sigla di Renegade.Pochi metri e sono alla discesina – anch’essa in effetti, una chimera alquanto mitologica… – che immette alla strada: mentre, sfruttando il peso del mezzo, mi ci lascio scivolare sopra, penso infatti che anche quello, del resto, è un luogo pregno di ricordi. Ricordi dolorosi……Ricordi di quando quel dannato scivolo – sempre dissestato, accidenti a lui! – mi costò una bella distorsione alla caviglia, proprio il primo giorno sufficientemente caldo da farmi smettere i miei fidi – e protettivi – stivali, in favore di un paio di Nike ben più fresche, ma anche così dannatamente leggere, così sottili, da non riuscirci più a camminare!Ricordi di quando invece tentai di affrontarlo in salita con la mia bici e quella bastarda mi si bloccò proprio a metà, facendomi cadere sotto il peso di un’involontaria impennata.Ricordi di quando, in cima ad esso, i miei amici videro un minaccioso cane che li puntava: se solo mi avessero lasciato spiegare che quel cane lo conoscevo e che era tutto a posto, invece di lanciarsi in una matta corsa che gli valse solo di venire effettivamente inseguiti…!Ricordi che ad evocarli tutti, il tempo di percorrerla, quella discesina, non basta; ed infatti, eccomi già in strada, di fronte al muro di casa dell’amico Gianni. Chissà se porta ancora addosso i segni di quella volta che – ancora poco pratico – mi ci schiantai contro con la bici…
…Contro il muro, non contro Gianni!
Per fortuna quei tempi pericolosi – per chi mi stava intorno – in cui andare sulle due ruote era per me ancora un’avventura nuova e misteriosa, erano finiti. Proprio lì, in quegli stessi e pochi metri di strada in cui erano iniziati… A questo penso ogni volta che passo di fronte ad una macchina – da sempre, perennemente parcheggiata lì – malconcia già da prima di divenire, in passato, la vittima prediletta della mia inesperienza ciclistica.
…Ogni giorno, per tutti questi anni, lo stesso tratto di strada. Ormai non dovrebbe farmi più alcun effetto… Eppure qualche volta, ancora succede qualcosa di nuovo, mentre io scopro un’altrettanto nuova – ma non per questo, per forza piacevole… – sensazione: come se su di un intenso mosaico, della cui immutabilità credevo di essere totalmente certo ed alla quale ero abituato, fosse venuto meno un tassello, un dettaglio piccolo, ma la cui stonatura risalta subito al mio occhio assuefatto alla perfezione. Oggi, passando sotto quella finestra, la vedo per la prima volta chiusa, e per la prima volta, passandoci sotto, non rallento, perché non vi è nessuno affacciato da salutare.Al suo funerale, sentivo sì, che qualcosa di triste era successo, ma l’esistenza su questa Terra, si sa, segue i suoi cicli ed io non credevo che la morte di un vecchietto di paese potesse aver troppa presa sulla mia giovane vita di vacanziero dalla città, isolano dell’estate e dei fine settimana.E’ stato invece solo quando sono passato sotto quella finestra chiusa che mi sono reso conto dell’effettiva perdita e ho messo a fuoco che, nonostante la serenità poi ritrovata, quella via non sarebbe stata più la stessa. Come se fosse rimasta orfana del suo Santo patrono, del suo protettore; di nuovo, una figura mitologica, che – metà uomo e metà finestra… – dall’alto del suo regno vegliava sulle vite di noi passanti, rivolgendoci un sorriso, un saluto, una previsione del tempo – pregna di quella tipica consapevolezza, saggezza di paese, dettata da un’esperienza che sa di mare o di montagna… – e, quando riusciva a leggere dentro di noi i nostri malesseri, magari anche prima che fossero chiari a noi stessi, la giusta parola di conforto.Ma ora basta, la mia giovane mente s’è soffermata anche troppo su questo genere di pensieri e poi, devo concentrarmi sulla guida del “bolide”. Lo Scarabeo giallo richiama la mia attenzione con un CLANG che parte dal cavalletto ed io mi rendo conto che la strada è quasi finita e che presto dovrò svoltare. Metto la freccia – anche se sto solo io e so che non serve, ma preferisco tenerla come buon’abitudine… – e controllo che da sinistra non salga nessuno. Ancora una volta, ma con una nuova emozione nel cuore, esco con una manovra trita e consumata da quella via dal nome strano – che suona come qualcosa del tipo “Casa”… “CasaRotta”… Riferendosi, qualcuno mi ha detto, alla fatiscente abitazione di una strega che viveva lì… – ma che io ormai, chiamo semplicemente casa

5 commenti:

Francesco De Paolis ha detto...

Primo!

Ti ho aggiunto al volo.

Lollo "Hellblazer" ha detto...

Evvai!!!
Il mio primo commento!!!
Grazie France'!

Anonimo ha detto...

Ho letto la mail in ritardo.. sono solo il secondo :P

Buona fortuna lollo!

lskwkr ha detto...

buahuhau Lollo Papà Castoro.. "Raccontaci una storia!"


pure il plagio del template..

Francesco De Paolis ha detto...

Ehilà, come va, tutto o.k.?

Se ti interessa, sul sito
heroclip.blogspot.com
c'è un mio articolo su Wolverine (pure lungo), inserito in una fanzine sulla Marvel e sul fumetto in generale (aperta a nuove collaborazioni, a buon intenditor...).